Non sono andato a votare e mi vergogno
Ma poi ho scoperto che si dividono anche i voti.
In occasione delle ultime elezioni politiche, non sono andato a votare. Mi vergogno a dirlo, lo so, ma è la verità. Ero troppo preso dal lavoro, impegnato a rincorrere scadenze e consegne, e ho lasciato che la pigrizia prendesse il sopravvento sul mio senso civico.
Nei giorni successivi, però, mentre seguivo i risultati elettorali, mi sono reso conto di quanto fosse stata sbagliata la mia decisione. Non solo avevo rinunciato al mio diritto di esprimermi, ma avevo anche contribuito, sia pur indirettamente, a indebolire la democrazia.
Ho scoperto, inoltre, che anche i voti si dividono. Ci sono quelli che vengono espressi per convinzione, quelli che vengono dati per strategia o convenienza, e quelli che non vengono espressi affatto. E ognuno di questi voti ha un peso diverso nell'equilibrio politico del Paese.
I voti espressi per convinzione sono quelli più importanti. Sono quelli che riflettono la volontà popolare, quelli che rappresentano le speranze e le aspettative dei cittadini. I voti dati per strategia o convenienza, invece, sono più opportunistici. Vengono espressi per ottenere un vantaggio personale o per evitare un male peggiore.
I voti che non vengono espressi, infine, sono quelli più deludenti. Sono quelli che rappresentano l'indifferenza, l'apatia o la rassegnazione. Sono quelli che lasciano che la democrazia venga indebolita e che il Paese venga governato da chi non rappresenta la volontà popolare.
Ho capito che il mio voto, anche se diviso, è comunque importante. È un tassello di quel complesso mosaico che rappresenta la volontà popolare. E che rinunciare a esprimere il mio voto significa rinunciare a partecipare alla costruzione del futuro del mio Paese.
Per questo motivo, alle prossime elezioni, non mancherò di andare a votare. Non voterò per partito preso o per convenienza, ma voterò per convinzione. E lo farò con la consapevolezza che il mio voto, anche se diviso, può fare la differenza.
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